Nella nuova puntata delle Cronache dal Fronte Liberista, Carlo Amenta rivolge un accorato appello per l'annessione della Sicilia agli Stati Uniti, mentre Serena Sileoni e Carlo Stagnaro discutono le riflessioni più interessanti che provengono dalla stampa internazionale.
Alti ideali... e costi reali: i trade-off delle scelte politiche
Fra gli ultimi colpi della presidenza Biden e i timori su quali saranno le mosse concrete di Trump, Jason Furman, economista di Harvard e già Presidente del Council of Economic Advisers alla Casa Bianca durante la seconda presidenza Obama, bacchetta le forze politiche americane su un vizietto non proprio sconosciuto neanche ai politici di casa nostra: l'ostinazione nel voler ignorare le conseguenze delle scelte politiche, tanto in termini di spesa pubblica, quanto talvolta sui loro benefici potenziali. In un mondo reale, fatto di risorse scarse, scegliere di investire in una certa misura, a prescindere da quanto la si ritenga condivisibile o meno, comporta la rinuncia di un'altra. Un principio che sarebbe bene ricordare anche a casa nostra.
Scandinavia, paradiso del socialismo reale? Mica tanto!
I paesi nordici sono spesso indicati, un po' superficialmente, come un esempio della possibilità di applicare modelli socialisti ad economie avanzate. Ad un occhio più attento, però, non sfugge il fatto che tali paesi, pur rappresentando appena lo 0,3% della popolazione del pianeta, producono più dell'1% del PIL mondiale. Non si tratta di una congiuntura dovuta all'abbondanza di risorse energetiche, ma ad alcuni giganti fra i quali Ikea, Lego, Novo Nordisk, e soprattutto ad imprese più piccole e giovani, che riescono a prosperare in un ambiente fiscalmente favorevole e aperto alla concorrenza senza perciò pregiudicare la sostenibilità di livelli di welfare elevati su una popolazione ridotta. Il mix fra dinamismo imprenditoriale e proiezione verso l'innovazione e la concorrenza internazionale potrebbe dunque essere la chiave del successo dei paesi nordici. Si tratta di condizioni difficilmente replicabili, ma certo non di socialismo.
Aumenta l'occupazione, ma non fra i giovani
I dati recentemente diffusi dall'Istat sull'andamento del mercato del lavoro nascondono purtroppo risultati allarmanti per le prospettive di lungo periodo per il nostro paese. Se il numero degli occupati è cresciuto in termini assoluti di 328.000 unità, in realtà ciò è il risultato di un aumento di 370.000 assunzioni per gli over 50, ma anche di un calo di 57.000 unità nella fascia under 34. Una cartina di tornasole sulla mancanza di opportunità che spinge i giovani - la metà dei quali laureati - ad emigrare, ma anche di una certa fossilizzazione del dibattito pubblico sugli aspetti più superficiali dei dati, che ci priva della possibilità di riflettere su come invertire la rotta del declino economico.